Cari avventurieri delle Lande Percorse, oggi vi voglio parlare di Giovanni Garufi Bozza, un autore emergente che promette molto bene, così come il suo romanzo dal titolo “Selvaggia” che mi ha molto colpito, per questo vi invito a conoscerlo meglio, partendo dalla sua storia.
Biografia
Giovanni Garufi Bozza nesce il 18 agosto del 1985 a Roma, città in cui vive e lavora.
laureato con lode in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione e in Psicologia del Benessere nel Corso di Vita. Dal 2010 è iscritto all’albo degli Psicologi del Lazio. Frequenta la scuola di Specializzazione in Psicologia della Salute ad Orvieto, per formarsi alla psicoterapia.
La sua grande passione, assieme alla scrittura, è dunque la psicologia, non nella veste classica del terapeuta che scava nel passato, ma come una scienza che aiuti l’uomo a promuovere le sue risorse, le sue competenze, le sue qualità. In breve una psicologia che promuova il benessere dell’individuo e del contesto in cui vive, che veda il sintomo come una risposta ad un malessere più ampio, di una crisi, da cui si possa partire per migliorare la propria vita.
Dal 2011 è vice-direttore di una radio on line, Radiovortice.it, un’emittente che è nata e vive grazie al preziosissimo contributo di alcuni giovani, volontari e appassionati.
Da questa emittente ha condotto per più di un anno il programma GPS (Giovani, Politica e Società).
Dal 2012 è autore e conduttore della trasmissione Crisalide, dedicata agli emergenti e alle loro opere.
Giovanni ama viaggiare, in Italia e all’estero, cosa che non manca mai di fare, quando e se ha il tempo libero per farlo, al punto da sentirsi quasi un cittadino del mondo, un senza terra. Quando viaggia ha con se un inseparabile diario che riempie di annotazioni, di stralci di romanzo, di idee che nascono dall’incontro con individui, culture, modi di essere diversi dal suo.
In una parola dall’incontro con l’altro, che è l’inizio di una nuova avventura di vita.
Sinossi
Selvaggia è una ragazza dark, con i capelli lunghi e neri e gli occhi blu intenso.
Ama il punk rock, veste sempre di nero e con il trucco pesante, vive in un mondo tutto suo, che cerca di assaporare fino in fondo; ama girare per Roma fino a notte fonda, avere incontri intimi con perfetti sconosciuti, ballare fino a tardi in locali dark.
Selvaggia scrive poesie e ha una stanza completamente buia. Per il mondo, però, non esiste, non è mai nata: è semplicemente la maschera di una persona distrutta o forse la parte più vera di una personalità che sente di non avere più un senso in questo mondo. Lei è Martina.
Martina è una ragazza bionda che veste sempre con colori pastello.
È vuota, un pezzo di ghiaccio, all’apparenza impenetrabile. Rifiuta ogni amicizia, ogni
rapporto sociale. Ha lo sguardo spento e triste, in quei suoi occhi blu intenso. Ha perso i genitori quando aveva sedici anni.
Da allora tutto il suo mondo si è distrutto, e il lutto l’ha trasformata in un corpo vuoto che vive solo perché si deve vivere.
Lei è Selvaggia.
Daniel è un ragazzo di diciannove anni, al primo anno di Psicologia, dove conosce Martina.
Scopre l’esistenza di Selvaggia su un blog e la incontra in un locale dark. Scopre la linea sottile che separa le due ragazze, segnata dal trucco pesante, i caratteri e i gusti opposti. Scopre la sofferenza che lega le due parti della stessa persona.
Tenterà di cancellare quella linea, rompere il muro che separa le due personalità, rischiando di annegare in quel vortice paradossale di conflitti creato da quella ragazza, che sta imparando ad amare, in ogni sua forma.
Ed infine la mia opinione sul romanzo
Il primo romanzo di Giovanni Garufi Bozza è un saggio, o meglio un viaggio, nel complicato animo umano.
Con sapiente maestria l’autore, attraverso dei dialoghi fra i due protagonisti principali, Martina/Selvaggi e Daniel, mette a nudo la doppia matura che è in ogni essere umano. Una natura che spesso non si nota a pieno, perché ognuno di noi tende a mitigare, reprimere o nascondere, alcuni aspetti del proprio carattere, addirittura molto spesso pur di essere accettati in un determinato contesto si è disposti anche ad indossare delle vere e proprie maschere. Del resto l’uomo è una creatura complessa, oltre che sociale, composta da innumerevoli sfumature che vanno dal bianco al nero. Sfumature con cui si gioco al fine di poter essere il più apprezzato possibile dagli altri. Perché diciamola tutta il più delle volte noi cambiamo il nostro comportamenti per sentirci apprezzati e/o parte di un gruppo.
Per cui difficilmente si potranno notare personalità totalmente diverse in un singolo individuo, piuttosto si avrà un unico individuo che avrà una natura più propensa verso il bianco o verso il nero.
Del resto l’avere una doppia natura, insita in ogni uomo, ha sempre solleticato la fantasia di molti scrittori e sociologi, ricordiamo per esempio il famoso scrittore Robert Louis Stevenson, che con il suo celebre romanzo “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”, giocava proprio su questo duplice aspetto della natura umana. Alla fine, del suo romanzo, nella lettera che il dott. Jekyll lasciava al suo amico, il dottore confessava proprio la sua doppia natura, quella benigna e quella maligna, il suo operato al fine di separarle definitivamente non solo nello spirito ma anche nel corpo. Ma anche la sconvolgente confessione del dottore che ammette di avere sempre preferito la sua natura maligna a quella benigna, e che solo per vivere nel rispetto di tutta la società aveva deciso di indossare una maschera per apparire agli occhi di tutti come un rispettato medico e filantropo.
Ma mentre Stevenson, per dividere i due animi ricorre all’alchimia, il nostro Garufi Bozza usa un espediente più realistico per scindere i due l’animo della protagonista. Infatti sarà un terribile lutto, di cui Martina si sente responsabile, a frantumare in mille pezzi il suo animo gioioso ed estroverso. Pezzi che poi verranno ricomposti dalla stessa Martina dando origine a due individui totalmente opposti ma che coabitano all’interno dello stesso corpo.
Due poli diversi, il bianco e il nero, estremizzati fino allo spasmo, così diversi da spingere la volontà dominante di turno a cambiare il più possibile il proprio aspetto fino a quasi renderla irriconoscibile, unica cosa che rimarranno uguali saranno gli occhi e lo sguardo.
Ma la domanda che viene fuori durante la lettura del romanzo, almeno a mio avviso, è la seguente: “è possibile vivere totalmente nel bianco o nel nero?”
Sempre a mio avviso, la risposta è no, perché alla fine sia Martina che Daniel dovranno ammettere di aver bisogno di un’anima più complessa, più completa e forse anche un po’ più “grigia”. Daniel infatti alla fine si accorgerà di aver bisogno di entrambe le personalità di Martina e lei capirà che per avere Daniele ed una vita normale dovrà ritrovare un equilibrio fra le due parti.
Ultima riflessione che vorrei fare su questo romanzo, per altro scritto in un ottimo italiano, e che a mio avviso gli conferisce ancora più spessore sociologico, è la scelta dell’autore di raccontare anche la storia e i fatti della società romana che circondano i protagonista e in cui loro sono chiamati a vivere e a relazionarsi. Per esempio ho apprezzato molto il capitolo sulla successione papale.
Per concludere penso che questo sia un ottimo saggio sociologico che vale la pena di leggere.